Storia di un allenamento

Un tempo, dopo una marachella, magari bella grossa, mia madre mi diceva:

Eligia Levita - Parlare in pubblico - Allenamenti Siforma

Dimmi cosa è successo ma... non raccontare favole!

Oggi, al corso Parlare in Pubblico, Maria Vittoria e Silvana, mi chiedono, invece, di raccontare favole e addirittura di farlo davanti ad un pubblico che con tanto di penna, carta e punteggio finale, decreta come è andata la mia performance. Queste due conduttrici sono davvero extraordinarie e sento dal cuore di ringraziarle per avermi dato, da adulta, l'opportunità di una riconciliazione con le antiche marachelle e di poter esperire attraverso l'allenamento “Il racconto e la Metafora”, quanto ancora c'è da apprendere nel raccontare favole.

Una piacevole scoperta: per me che insegno da tanti anni nella scuola è pane quotidiano raccontare storie per spiegare concetti, stili, forme e generi della musica. Mi servo della filastrocca (tanto da scrivere un libro di filastrocche musicali ) per "fare" musica con i ragazzi.

Favole, racconti e filastrocche sono degli strumenti di comunicazione efficaci e creativi. Con poche parole, quelle "giu-ste", come suggerisce Silvana, si può centrare l'obiettivo prefissato e trasferire all’altro:

  • la storia (il contenuto)
  • l'emozione (l'ascolto come presenza)
  • il messaggio (la morale)
  • la metafora.

La mia esperienza di allenamento

Ho raccontato al gruppo, altrettanto extraordinario per umanità, simpatia e intelligenza, la favola di Esopo intitolata “La lepre e la Tartaruga”.  Maria Vittoria ha scelto per me (non a caso!!!)  questa favola che ben si collega al problema TEMPO, un elemento per me particolarmente significativo nella comunicazione.

La favola

racconto e metafora - la tartaruga e la lepre

La lepre un giorno si vantava con gli altri animali:
- Nessuno può battermi in velocità - diceva - Sfido chiunque a correre come me.-
La tartaruga, con la sua solita calma, disse:
- Accetto la sfida. -
- Questa è buona! - esclamò la lepre; e scoppiò a ridere.
- Non vantarti prima di aver vinto replicò la tartaruga.
- Vuoi fare questa gara? -
Così fu stabilito un percorso e dato il via. La lepre partì come un fulmine: quasi non si vedeva più, tanto era già lontana. Poi si fermò, e per mostrare il suo disprezzo verso la tartaruga si sdraiò a fare un sonnellino.
La tartaruga intanto camminava con fatica, un passo dopo l'altro, e quando la lepre si svegliò, la vide vicina al traguardo. Allora si mise a correre con tutte le sue forze, ma ormai era troppo tardi per vincere la gara.
La tartaruga sorridendo disse: " Chi va piano va sano e va lontano "

Di fatto questo allenamento mi ha consentito di sentire chiaramente la percezione del tempo:

  • il mio da impiegare nel raccontare
  • quello della tartaruga e quello della lepre espressi nella favola.

Determinata a mettere in campo i frutti della mia applicazione su quanto appreso nel corso, ho deciso, nel ripassare il testo, di affidarmi al piacere di fare questa esperienza e mi sono concentrata su due elementi:

  1. non aggiungere altre parole (e quindi perdere tempo e concentrazione!!) oltre a quelle della storia;
  2. porre attenzione alla durata (un tempo non troppo breve non troppo lungo) del racconto per coinvolgere il gruppo nell'ascolto dall'inizio alla fine.

La successione degli eventi, nel racconto  è precisa e questo elemento mi ha facilitato parecchio nell'essere anch'io precisa nel ripetere le fasi della storia aggiungendo un'attenzione costante, durante la performance, allo sguardo verso il gruppo e i singoli, ai miei movimenti nello spazio della sala. La voce (altro aspetto su cui mi sono allenata particolarmente) è stata la mia carta jolly: mi sono divertita a farla muovere (tono, intensità, durata, andamento) nel dialogo tra i due animali esprimendo con chiara intonazione, nel finale, la morale.

Ricordo con felicità l'applauso ricevuto alla fine del racconto.  

Oltre l'aula

scuola

Ho riportato la stessa struttura utilizzata da Maria Vittoria per l'attività e le stesse indicazioni di svolgimento fornendo agli allievi la scheda descrittiva dell'esperienza:
- Nome di chi racconta
- Ti è piaciuta questa favola?  (SI|NO)
- Perché
- Quale emozione ti ha suscitato?
- Quale messaggio ti ha trasmesso?
- Quanto l'oratore ha facilitato il tuo ascolto?   (1|2|3|4|5)

L'aggancio l'ho colto quando interrogando degli alunni, questi mostravano uno studio non approfondito, poco curato nell'esercitazione quotidiana ed  in particolare nella pratica strumentale. Facendo con loro l'acrostico della parola MUSICA

M U S I C A: Mettere Udito (e) Suoni Insieme Chiede Attivazione

ho introdotto l'attività "Il racconto e la metafora" e il concetto che spesso con l'applicazione (un metodo di studio) si ottiene di più che con le qualità naturali non coltivate.
Gli alunni hanno aderito alla proposta e scelto ognuno una favola di Esopo che hanno raccontato alla classe, poi alla fine dell'esperienza ciascuno ha illustrato agli altri la strategia utilizzata per raccontare la favola.
Gli effetti avuti in classe, applicando le modalità sperimentate da me negli allenamenti, sono stati molteplici e in particolare:
- la partecipazione attiva di tutta la classe a partire dalla ricerca delle favole,
- la lettura attenta e ripetuta del brano per ben memorizzarla,
- l'ascolto degli altri,
- il dibattito sulla morale e la metafora,
- l'osservare gli altri,
- lo scambio delle emozioni provate,
- la valutazione del gruppo classe
- l'autovalutazione
La metafora scelta dagli alunni per collegare quanto vissuto nell'esperienza “ll racconto e la metafora” con l'abitudine all'applicazione costante sia nello studio (di tutte le discipline) sia nella vita, è davvero rilevante e significativa e fa riferimento al loro sentirsi come un' isola (I-SOLA): piccola, piena di apparenze e abitudini che limitano la fantasia, ma sulla quale inaspettatamente sbarcano emozioni (e motivazioni) capaci di cambiare la quotidianità e l'orizzonte producendo nuove idee.

Come per me anche per i mie alunni la regola è stata la stessa: l'allenamento quotidiano aiuta a raggiungere traguardi inaspettati e a credere in quello che dice, alla lepre, la tartaruga: "Non serve correre, bisogna partire in tempo".

La buona pratica

Agli inizi del corso, dopo il primo allenamento Maria Vittoria mi scrisse: "Adesso bisogna prima pensare a noi per poi prenderci bene in carico gli altri". Parole sante!!!

allenamentiGli allenamenti sono stati dei tempi supplementari fondamentali. Tempo dedicato alla buona pratica.  

Un tempo in cui i conduttori sono stati bravi nel proporci attivazioni gioiose e ben studiate per spronare ciascuno a mettersi in gioco e il gruppo a sostenere e ispirare tante riflessioni agendo, nei fatti, da specchio.   

Di volta in volta si è aggiunto un tassello di consapevolezza nel mio comunicare che ho riportato nella vita lavorativa e personale.

Gli elementi su cui sto continuando ad allenarmi sono sia l'emissione della voce con attenzione alla postura (Corpo/Voce/Emozioni) sia l'esposizione, nel tempo giusto, dei contenuti del discorso e facendolo nel modo più chiaro possibile.

Grazie a chi mi accompagna a proseguire il mio cammino sostenendomi nella cura del mio tallone di achille: "la gestione del tempo"

(Contributo a cura di Eligia Levita, corsista della IV edizione del corso "PARLARE IN PUBBLICO")

Racconti su PARLARE IN PUBBLICO III Ed. (I tappa)

Le 5 tappe:  scoperte, esperienze, storie

Parlare In Pubblico - 1 Tappa

Una buona notizia: la paura di parlare in pubblico riguarda tutti anche se diversa è l’intensità. Chi crede di liberarsene una volta per tutte si illude! Chi sceglie di conoscerla è sulla buona strada!

Come si fa? Innanzitutto dandosi il permesso di sentirla, osservarne forma e forza, in quali circostanze e situazioni si attiva maggiormente, quali le reazioni che ne derivano. Questo è il primo passo per individuare le strategie vincenti per gestirla.
Così si inizia a tracciare la mappa per muoversi nel territorio della propria paura.
Man mano che si procede si scopre di quale preparazione si ha bisogno per riuscire a parlare in pubblico con scioltezza … nonostante la paura!
Si, davvero un bel percorso avvincente ci aspetta!

ParlareinPubblico III Edizione - 1 tappa

N. racconta: "Il pubblico per me ? i nemici pronti ad assalirmi. Sin da piccolo è sempre stato così. Ricordo per es. quando dovevo conferire a scuola, spesso mi bloccavo. Oggi so dare un nome a ciò che provo dentro di me. Questa consapevolezza mi aiuta a portare avanti il mio discorso. Ho scoperto che posso allenarmi con la respirazione.
Se mi concentro sulla parte fisica (diaframma ed emissione della voce) lascio andare la paura e i nemici si dileguano! "

Racconti su PARLARE IN PUBBLICO III Ed. (II tappa)

Le 5 tappe:  scoperte, esperienze, storie

Parlare In Pubblico - 1 Tappa

So di non sapere, diceva Socrate … eppure una cosa è bene sapere: Io sono la mia voce. Che mi appartiene, mi connota, mi identifica. Attraverso di essa mi sento e gli altri mi sentono.

Se funziona così, allora è necessario saper usare bene il prezioso strumento voce, ed imparare ad accordarlo.
Una voce parlata se ben armonizzata, produce armonia e sicuramente non fa un suono sgradevole.
Attraverso le svariate caratteristiche di questo suono esprimiamo il nostro esser-ci, il potere di affermare, di avvicinare e di allontanare, di dire, fare, cambiare.

ParlareinPubblico III Edizione - 2 tappa

T. racconta:  "Sono una cantante lirica e di voce me ne intendo. Ho scoperto in questo corso che prendersi cura della propria voce è un compito di tutti. Apprendere a modulare volume, tono, intensità, timbro della propria voce ti rende capace di produrre, nella vita di tutti i giorni, i suoni giusti, dato il contesto e di ridurre le stonature (per es. quando si parla troppo veloce o troppo piano!) che tante disarmonie generano!"

Racconti su PARLARE IN PUBBLICO III Ed. (III tappa)

Le 5 tappe:  scoperte, esperienze, storie

Parlare In Pubblico - 1 Tappa

Ci sono dei numeri interessanti: fatto 100, l’intenzione che abbiamo di dire, 10 è ciò che ricorda il nostro interlocutore!
Con queste cifre ci scoraggiamo?
Tutt'altro, ci aiutano a capire che quando parliamo è necessario metterci anima e corpo. E non è un modo di dire.
Ciò che diciamo, per arrivare a destinazione, deve essere supportato da sguardo, postura, gesti, prossemica, presenza … un giusto connubio tra contenuto e forma, tra ciò che diciamo e come lo diciamo …
Anche perché chi ci ascolta percepisce la veridicità del nostro dire attraverso il modo con il quale esprimiamo ciò che affermiamo.

ParlareinPubblico III Edizione - 3 tappa

M. racconta: "Quando ho sentito questi numeri mi sono abbattuta. A me piace esprimermi più con i gesti che con le parole. E quindi ho pensato che se già io parlo poco, del mio discorso agli altri resterà pochissimo! …  Sperimentando le possibilità del mio non verbale ho cambiato idea. Ho compreso che la gestualità, lo sguardo, anche il mio rossore in viso ( che fatica accettarlo!) fanno la differenza: le mie parole, anche se poche, arrivano subito all’interlocutore perché rafforzate dal linguaggio del corpo che parla con me! "

Racconti su PARLARE IN PUBBLICO III Ed. (IV tappa)

Le 5 tappe:  scoperte, esperienze, storie

Parlare In Pubblico - 1 Tappa

Il corpo è ricettore e trasmettitore di emozioni.
Che cos’è un discorso se non un attivatore di emozioni? Per sollecitare quelle altrui dobbiamo essere esperti delle nostre e prima ancora conoscerle, saperle nominare e sapere in quale parti del corpo si fanno sentire. Massaggiare i punti delle nostre emozioni ci aiuta ad essere connessi con il nostro mondo interiore così da saperlo esprimere meglio all’esterno. Riconoscere un’emozione significa sentire la consistenza dell’energia che si muove dentro di noi e provare a manifestarla con il segno positivo. ( trasformare la rabbia in forza , la paura in coraggio, la tristezza in gioia, lo stress in tranquillità, la scarsa autostima in fiducia in se stessi…) Una pratica semplice, empirica quella del massaggio che ci da uno strumento utile a fronteggiare le insidie delle emozioni inespresse che covano dentro, generando conflitti interni, causa, spesso, di blocchi espressivi.
Quante volte i dialoghi interni ostacolano il fluire della parola (volevo dire ma ero troppo arrabbiato, mi sono sentito talmente umiliato, offeso che la parola non mi è uscita …) se, viceversa, accetto l’emozione essa non prende il sopravvento e posso conviverci senza subirne i blocchi.
ParlareinPubblico III Edizione - 4 tappa

M. racconta: "Sapete? Ho scoperto dove abitano le nostre emozioni. Non sapevo che ci sono centri energetici nel nostro corpo e sono i luoghi in cui risiedono le emozioni, capaci di farsi sentire sugli organi e ghiandole se a loro non diamo il giusto ascolto. Se l’avessi saputo non sarei stata così spavalda quella volta in cui ho scelto di parlare delle Favole, argomento che mi tocca emotivamente. Credevo che parlarne mi avrebbe “fatto bene”. Ho cominciato il mio discorso. Ad un certo punto ho iniziato a piangere e non riuscivo a fermarmi. Ma chi me l’ha fatto fare? Ho subito pensato. In realtà l’incidente si è rilevato un grande apprendimento: oggi so che l’emozione va trattata, riconosciuta, accolta ed accettata. Per me un ottimo esercizio da fare prima di parlare, quando so che mi tocca!"

Racconti su PARLARE IN PUBBLICO III Ed. (V tappa)

Le 5 tappe:  scoperte, esperienze, storie

Parlare In Pubblico - 1 Tappa

Un discorsetto corretto dovrebbe avere un inizio, un corpo ed una conclusione.
Facile a dirsi meno a farsi!
Infatti abbiamo sperimentato che il tempo passa velocemente, e che bisogna provare quando si sa di dover parlare. Non per ripetere a memoria ma per essere impregnati di ciò di cui si vuole dire.
Sarà allora che, arricchita dal pathos della giusta emozione, la parola troverà la strada per uscire, diventare voce.
Se uniremo la giusta intenzione e guarderemo il nostro pubblico (a cui ci interessa trasferire un messaggio che generi un cambiamento) sapremo conquistare l’attenzione che ci giochiamo nei primissimi minuti di conversazione.

ParlareinPubblico III Edizione - 5 tappa

 I corsisti della III edizione: "Nel quinto incontro abbiamo iniziato a… parlare in pubblico, abbiamo scomodato Cicerone e Kant, il pomodoro, le stelle, la danza, l’arte del racconto, internet… Provando e rivedendoci, ridendo e scherzando e soprattutto osservando ed ascoltando le nostre voci ed i cambiamenti avventui, abbiamo trovato le indicazioni. La mappa è pronta. Ciascuno di noi possiede i segnali di orientamento. Lo slogan Parlare in pubblico è diventato conoscenza ed esperienza: Con la mia voce Io parlo in pubblico"