La gioia, una bussola fondamentale per il nostro ben-essere

La gioia, una bussola fondamentale per il nostro ben-essere

 

 

Riflessioni a cura di Graziella Allievi 

 

La vita è una cosa davvero misteriosa...

A volte ci sentiamo imprigionati dalle situazioni spiacevoli, altre volte cerchiamo di fuggire da una realtà dura e complicata, a volte invece tocchiamo il cielo con un dito e tutto diventa improvvisamente leggero e luminoso. Ci sentiamo forti, pieni di energia, la gioia ci avvolge e ci riempie di un senso di benessere, di fiducia, di entusiasmo e positività. Come lanciati in alto da una forza enorme ci ritroviamo in un’altra dimensione, in cui la percezione di noi stessi e della realtà può cambiare completamente. La gioia infatti è l’emozione più breve ma più intensa.

È l’emozione che ci fa sentire sulle montagne russe: può raggiungere livelli altissimi ma esaurirsi in pochi attimi. Viene considerata effimera e per questo paradossalmente molti temono di provarla pienamente perché quando si esaurisce lascia un senso di vuoto.  Ma la natura fuggevole di questa emozione è dovuta al fatto che spesso è legata solo a qualcosa fuori di noi, mentre sarebbe indistruttibile e assoluta se si riconoscesse dentro ognuno. Provare gioia è collegato alla manifestazione del SE’: si prova grande soddisfazione quando si raggiungono risultati nel campo in cui si esprimono le proprie abilità (professionali, di studio, sportive etc).I pregiudizi e le resistenze a viversi a pieno la gioia derivano spesso da mancanze personali che fanno spostare l’attenzione sugli altri alla ricerca di quanto manca dentro di sé.  La pienezza della gioia è consapevolezza di sé e non dipendenza da cose e circostanze esterne. Questo livello di pienezza consente una stabilità emotiva. Le emozioni sono una spia del livello di pieno/vuoto interiore per questo sono utili da sentire in maniera “chiara”.  Il modo con il quale sentiamo la gioia si riferisce ai tratti della personalità e della realizzazione del Sé.  Aiuta a sentirsi in modo autentico e globale, profondamente.  A mettersi in contatto con le caratteristiche peculiari di ognuno.  Se invece di trattenerla la lasciamo fluire, essa non si esaurirà ma si trasformerà per nutrire e rafforzare il Sé, riempiendone naturalmente i vuoti. La gioia per molti è l’emozione del rimpianto, del rimorso, dell’attaccamento al passato o all’idealizzazione del futuro invece solo se vissuta nel qui ed ora può essere guida e catalizzatore per le altre emozioni, soprattutto per le emozioni negative che possono diventare altrimenti distruttive. La tristezza diventa più accettabile se si è sperimentata la gioia come risorsa del Sé.

Nel secondo appuntamento del percorso Competenze Emotive, insieme con Maria Vittoria, abbiamo strutturato l’incontro dedicato alla gioia con riflessioni e attività che consentissero di mettersi sulle tracce della gioia ricostruendo la propria mappa della gioia sui vissuti salienti personali, un grafico che ne tracciasse i flussi di intensità traducendoli in comportamenti e atteggiamenti personali, capaci di evidenziare le aree sulle quali ancora lavorare per una piena armonia dell’essere. Se la gioia ad oggi ad es. ha nutrito l’autostima e l’autonomia e meno l’integrazione sociale, posso orientarmi verso questa competenza emotiva. Abbiamo suggerito come declinare le varie sfaccettature della gioia e visualizzare una forma simbolicamente rappresentativa del pieno/vuoto interiore per consentire di aprire nuovi spazi, nuovi orizzonti di possibilità di benessere individuale e relazionale. La gioia si trova dentro ognuno di noi, ogni giorno, non in un'altra realtà, non è riservata a pochi, ma non si ottiene senza sforzi, si costruisce con le abilità dell’intelligenza emotiva: l’autostima, l’autoefficacia, la fiducia, l’accettazione, la sicurezza, la responsabilità, la realizzazione, l’integrazione sociale, la libertà e l’apertura al trascendente. È un’emozione che dà senso al tempo e all’esistenza nella loro vera essenza.

qui trovi la locandina della V edizione, per qualsiasi curiosità contattaci , per le news dell'ultimo minuto seguici sulla pagina FB 🙂

Prendersi cura di sé con l’intelligenza emotiva

Prendersi cura di sé con l’intelligenza emotiva

Conoscenza e consapevolezza ci rendono capaci di sentire meglio noi stessi e gli altri. Ed una buona sintonizzazione aiuta a costruire relazioni salde. I legami sono le strade che ci mettono in contatto con gli altri: costruiamo reti affettive, amicali, sociali, professionali per comunicare, scambiarci informazioni, condividere esperienze, garantirci bisogni.

Tutto questo movimento ha il ritmo dell’emozione, quel sentire che mi avvicina oppure allontana dagli altri. Apprendere l’andamento di questi suoni, talvolta sottili e lenti come una leggerissima malinconia, oppure gravi, duri e rapidissimi come un improvviso moto d’ira, è possibile attraverso l’esercizio dell’intelligenza emotiva. Con tale intelligenza decodifichiamo l’emozione mediante il linguaggio verbale e del corpo ed entriamo in relazione con gli altri in maniera più o meno empatica, chiara e diretta.

E l’esperienza comune ci insegna che più siamo capaci di esprimere bene il nostro mondo interiore (idee, pensieri, aspettative, vissuti) più siamo a nostro agio con gli altri, risultiamo funzionali nei contesti lavorativi, amabili ed apprezzati negli ambienti familiari ed amicali. In genere siamo colpiti da persone simpatiche, e tendiamo a respingere chi si presenta resistente e poco accogliente. Le abilità sociali sono gli abiti con i quali ci presentiamo agli altri. Però l’appropriato abito esterno si costruisce all’interno! Quindi per saper scegliere quello giusto per le varie circostanze è necessario essere sintonizzati con le proprie emozioni per sentire se stessi e gli altri e scegliere come comportarsi. Per riuscirci occorre allenamento costante, ricerca e motivazione al miglioramento continuo.

Sentirsi alla guida delle proprie emozioni crea benessere e genera salute. Gestire l’energia dell’emozione, rende capaci di riequilibrare il flusso dal basso verso l’alto quando occorre essere attivi e dall’alto al basso quando è utile raccogliere le forze, riflettere, ri-posare. In tal senso, l’intelligenza emotiva è anche uno strumento di prevenzione: saper riconoscere e sciogliere blocchi emotivi rende persone più sane, l’organismo è libero di respirare, sentire, lasciar fluire, essere ben piantati.
Attraverso l’intelligenza emotiva ci si prende cura di sé!

Per esercitare la facoltà dell’intelligenza emotiva, è stato messo a punto un percorso di formazione che tratta sia l’aspetto psicologico che quello relazionale.

Gli incontri hanno una doppia conduzione (dott.ssa Graziella Allievi, psicologa e psicoterapeuta, dott.ssa Maria Vittoria Lanzara, formatrice e counselor) e si prefiggono di esplorare questi due ambiti

? come funziona l’emozione, come incide e caratterizza la personalità
? come l’emozione agisce nella relazione/comunicazione con l’altro

In questi anni di attività (all’attivo 5 edizioni) i partecipanti sono stati guidati ad approfondire le 5 emozioni di base, caratteristiche e fisiologia di ognuna ed a riconoscere le forme che prende in ciascuna persona, come si modellano in base ai vissuti, esperienze, storie, cultura, ambiente sociale. Il percorso diviene una palestra per l’emozione in cui aumenta la consapevolezza di se stessi e migliora la capacità di costruire relazioni positive.

Cosa si fa nel percorso competenze emotive

Facciamo formazione personale, approfondiamo alcuni temi a partire dalle nostre esperienze con l’obiettivo di cambiare/migliorare dei comportamenti

  1. Pratichiamo e ci sperimentiamo (sentire emotivo, sensoriale, logico-razionale) mediante semplici attivazioni per comprendere attraverso il corpo, la mente, il cuore
  2. Acquisiamo conoscenze scientifiche sapere quale sia il funzionamento del circolo emotivo (in che modo il corpo e gli organi sono coinvolti) consente una trasformazione dell’emozione ossia una gestione: anziché sopprimere, guidare l’energia emotiva consapevolmente e renderla vitale
  3. Ci esercitiamo per aumentare la Consapevolezza di sé, l’Empatia, l’Ascolto atteggiamenti base dell’intelligenza emotiva, risorsa di cui ciascuno è dotato e della quale, nella maggior parte dei casi, ce ne serviamo in maniera “cieca” con il rischio di far male a se stessi ed agli altri.
  4. Consideriamo il gruppo dei partecipanti uno “strumento di lavoro”. Dal confronto è possibile dimensionare la propria esperienza e quindi avere una conoscenza più “oggettiva” di se stessi e delle proprie reazioni. Nella formazione esperienziale, il gruppo, gli altri, ci fanno da specchio, ciò consente di vedere aspetti di sé, che da soli non riusciremmo a scoprire. Ed Avere più conoscenza ci rende più sicuri, meno impulsivi e più intelligentemente emotivi!

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Scoprire la forza rigenerante dei conflitti

 

 

Riflessioni a cura di Maria Vittoria Lanzara

 

Cosa sono i conflitti?

Un inevitabile fastidio, qualcosa da cui fuggire, il caso avverso, oppure? La quotidianità è puntellata di storture, aspettative disattese, impedimenti di varia natura ai programmi da realizzare, resistenze al cambiamento, comunicazioni irritanti, emozioni che travalicano la ragione. Come ci confrontiamo con questi movimenti interni ed esterni?

Ma poi siamo certi che questa sia la materia da trattare oppure sia solo una narrazione di fatti che considera alcuni toni e ne tralascia degli altri? Siamo persone costituite da linguaggio, la cui qualità determina il nostro modo d’essere. E se il conflitto nascesse proprio per la mancanza di linguaggio? Se fossero improprie le categorie concettuali a fronte di un vuoto di parole per dire la condizione della diversità, della compresenza di elementi contrapposti con pari dignità?

Il conflitto, infatti, si avverte allorquando si presenta una pluralità di dati e situazioni tali per cui l’ordine prestabilito risulta insufficiente/inadatto. E fino a quando manca la forma di un nuovo possibile incastro, ciascuna parte richiama le sue ragioni. È richiesto dunque un atto creativo che comporta lo sforzo della ricerca e la meraviglia della scoperta di risorse, capacità, intuiti, intelligenze ignorate o poco praticate. Una giornaliera produzione di novità per agire la conflittualità come condizione dell’esistere piuttosto che come attacco dannoso ad un assetto tanto pensato quanto insostenibile.

È la presunzione dell’organizzazione che prescinde dalla conoscenza e confronto con gli eventi ed i dati di realtà a negare il conflitto che, in questo quadro, sembra riemergere con prepotenza.  Il conflitto in sé non è un elemento negativo piuttosto è sua la negazione, agita con aggressività e violenza che lo rende disturbante.

Quanta energia mettiamo nelle azioni che compiamo?

È giusta, insufficiente oppure troppa? In termini comunicativi si parla di stile aggressivo e stile vittimistico, opposti che indicano entrambi una inadeguatezza nel rispondere alle sollecitazioni del contesto.  Una riprova che i comportamenti sono spesso deficitari di una capacità di integrazione tra parti opposte. La famosa assertività risulta difficile da praticare perché necessita di un precedente: la ricerca di accordo tra forze diverse che agiscono dentro e fuori di noi, ossia una forma di conflitto da riconoscere, accogliere e saper trattare.

Ritorniamo così al punto di partenza circa la natura stessa del conflitto. Il ragionamento ci conduce a ritenere che l’azione sia liberare l’idea del conflitto dalle gabbie concettuali che lo negano o lo rendono un elemento estraneo al corpo socio/relazionale. Da qui inizia un’opera di costruzione dove ciascuno è coinvolto in maniera piena e responsabile ad entrare in contatto con le persone/cose/circostanze ad osservarle, sentirle, ascoltarle. Un’apertura sensoriale con la quale immergersi nel mondo, apprendere dai conflitti, accettati e non negati, tracce per costruire percorsi altri, non ancora battuti eppur possibili. È in questo punto (di accettazione e di ricerca) che convergono le capacità creative e si mettono all'opera.

il conflitto: un attivatore di risorse!

In tale ottica il conflitto, piuttosto che un fatto, è una dimensione dell’esistenza, è un attivatore di risorse. Come una calamita ha il potere di attrarre energie rispondenti ed a lasciar cadere quelle incapaci di costruire legami. Ciò che è chiuso, senza punti di appoggio, senza superfici che si lasciano toccare e si mettono in relazione con altre, diviene massa ingombrante.

Il conflitto ha un potere rigenerante, sta a noi attrezzarci per saperlo vivere per ciò che è, una delle ricchezze più profonde e vere che caratterizzano il nostro essere persone agenti, pensanti, costruttivi e dialoganti. Da qui si comincia a ricaricarsi, a sentire le proprie energie, il proprio potere che può cambiare il pezzo di mondo che ci è affidato!

 

Una lettura consigliata

Daniele Novara
La grammatica dei conflitti. L'arte maieutica di trasformare le contrarietà in risorse 
Edizione SONDA

P.S: Per la formazione personale  in partenza il 16 Febbraio 2019  "La gestione dei conflitti nei luoghi di lavoro",

una proposta formativa in joint-venture con Skills Consulting (locandina del corso | modulo di iscrizione)

La formazione personale per saper essere nel cambiamento

Riflessioni a cura di Maria Vittoria Lanzara

I contesti lavorativi e sociali rappresentano il palcoscenico in cui ciascuno mette in azione il proprio personaggio, o meglio, la propria persona.

Conoscere il funzionamento dell’ambiente e dei propri comportamenti aiuta a ben posizionarsi nello scenario: occupare con consapevolezza una posizione, muoversi in sintonia con quanto vi è intorno e con ciò che si sente e vive dentro di sé.

In che modo acquisisco tale conoscenza? Cosa dipende da me? Cosa dipende dal contesto? Su quali variabili posso intervenire? Quali sono le condizioni di base? Quale la differenza tra limite ed ostacolo? Quali le barriere al cambiamento?

 

Per rispondere a queste domande ed avere così riferimenti al proprio agire, occorre un metodo che aiuti a descrivere, raccogliere dati, fare una ricostruzione dei fatti. Con un programma di formazione è possibile acquisire tale metodo che rende autonomi nel rilevare i dati di contesto esterni e personali, saperli osservare e quindi ricercare azioni e comportamenti assertivi. Questi ultimi sono, a loro volta, il risultato di un processo di ricerca e costruzione di comportamenti altri che travalicano le spontanee reazioni di attacco e fuga con cui solitamente ci si rapporta alle situazioni.

Partiamo da un assunto: essere nel cambiamento è la condizione di vita piuttosto che un’eccezione. Il più delle volte, ciò che viene considerato cambiamento è solo un evento nuovo, un imprevisto.  Una formazione continua serve a saper stare nel cambiamento, nel fluire continuo del tempo e delle cose. Una mentalità plastica e flessibile offre un pensiero interpretativo, utile supporto a vivere le circostanze della vita.

Sul versante del pensiero si può lavorare, difficile, se non impossibile, mettere mano alle dinamiche organizzative sprovvisti di tale “strumento”. Il pensiero si compone e si nutre di tutto l’essere della persona, non è un elemento a sé stante.

Con quale pensiero vivo il cambiamento ossia il fluire della vita? Quale mentalità si è costruita negli anni più o meno consapevolmente?

E’ evidente che vivere in ciò che si trasforma continuamente (che pulsa, che compie cicli, che è nelle dimensioni doppie del su/giù- alto/basso- destra/sinistra etc) necessita di un pensiero fluido, libero, altrettanto radicato, ri-creativo. La formazione personale attraverso diversi strumenti e metodi aiuta ad allenare le qualità del pensiero per allinearlo con il contesto di cambiamento che oggi ha assunto rapidissime velocità di modifica.

Ma c’è un punto di scontro.  A fronte di una condizione di continua trasformazione dell’essere e delle cose, si avverte un bisogno di stabilità. Un’istanza che si amplifica con la messa in crisi delle certezze ideologiche in una società sempre più liquida.

E’ proprio questo il territorio da esplorare nei programmi formativi per scoprire come ciascuno declina le forze del cambiamento e della stabilità spesso in opposizione tra di esse. Entrare in quest’area significa ricostruire la qualità di tali spinte che sono storicamente definite dai vissuti personali.  Successivamente si tratta di dare nuova forma alle proprie risorse, agirle in maniera diversa, avendo sperimentato, attraverso una pratica guidata, cambiamenti possibili e sostenibili. La motivazione alla ricerca dell’equilibrio dinamico tra forze si nutre di risultati.

La formazione personale aiuta a definire allenamenti e percorsi per raggiungere traguardi. Essere nel cambiamento sarà così vissuto in maniera consapevole, meno cieca e casuale. Sapere come affrontare il cambiamento dell’esistere è la competenza personale che rende davvero unica ogni singola risorsa capace di lasciare segni utili per orientare la ricerca altrui. Senza tralasciare che sono i nostri segni, risultati del cambiamento, ad avere la qualità della stabilità! Un cerchio che si chiude, che contorna il nostro spazio, una buona protezione per essere protagonisti delle nostre vite!

Una lettura consigliata

Pietro Del Saldà
Non solo di cose d’amore Noi, Socrate e la ricerca della felicità
Edizione Marsilio Nodi

P.S: Per la formazione personale consulta  i corsi Siforma 2018-2019 su ComunicazioneIntelligenza emotivaLeadership |Gestione dei Gruppi

Competenze emotive: perchè ?

Intervista di Maria Vittoria Lanzara a Graziella Allevi, psicologa e psicoterapeuta sul tema "Competenze emotive"

Dott.ssa Allievi, ci può illustrare i motivi per cui l’intelligenza emotiva è una risorsa importante per lo sviluppo armonico di ogni persona?

Coniando il termine intelligenza emotiva, Goleman fa riferimento alla capacità delle persone di riconoscere i propri sentimenti, di rintracciarli negli altri, di motivarsi e di riuscire a gestire le emozioni in maniera positiva sia a livello interiore che nelle relazioni sociali.

Il passo di Goleman è verso un superamento del Quoziente Intellettivo (QI) come unico sistema di riconoscimento delle capacità dell'individuo. Egli infatti riconosce l'importanza del QI  (che ci permette di rilevare in maniera puntuale capacità umane, sì, ma meramente cognitive) e conferisce pari dignità al Quoziente Emotivo (QE - o emozionale, per dirla con il termine dell'autore), che identifica l'indice generale delle abilità emotive, differenti dall'intelligenza e ad essa non più secondarie, ma complementari. Le due intelligenze convivono, si compenetrano e si completano vicendevolmente.

La strada che ci conduce fino al moderno e multiforme dibattito sulla provenienza delle nostre emozioni iniziò ad essere battuta nel 1884, con la pubblicazione dell'articolo di William James “What is an Emotion?”.

Da allora molto si è aggiunto alle nostre conoscenze: il cervello umano contiene circa dieci miliardi di neuroni collegati in modi estremamente complessi. E delle molte cose strabilianti e sconcertanti di cui sono capaci le scintille elettriche all'interno di queste cellule, e i loro scambi chimici, la creazione di emozioni è sicuramente la più strabiliante e la più sconcertante di tutte. Se guardiamo le emozioni con gli occhi della mente, ci sembrano insieme ovvie e misteriose. Sono gli stati cerebrali che conosciamo meglio e ricordiamo con maggior chiarezza, lentamente o all'improvviso, per cause oscure o luminose. Non sempre sappiamo perché ci alziamo con il piede sbagliato, e ci capita di essere scortesi o feroci per ragioni diverse da quelle che secondo noi guidano le nostre azioni. Possiamo reagire al pericolo prima di "sapere" che ne corriamo uno, essere attratti dalla bellezza estetica di un dipinto senza capire consciamente che cosa ci piaccia. Anche se le emozioni sono l'essenza del nostro essere, sembrano avere un proprio piano, spesso realizzato senza la nostra partecipazione volontaria.

La mente è quindi qualcosa di più della semplice cognizione e nel processo emotivo rientrano stati soggettivi di consapevolezza, ma non solo. In situazioni emotive la mente elabora stimoli e controlla le reazioni, per cui le emozioni hanno un ruolo importante nelle nostre esperienze di vita e di lavoro.

Conoscere le proprie emozioni è la chiave di volta dell'intelligenza emotiva […], la capacità di monitorare istante per istante i sentimenti è fondamentale per la comprensione psicologica di se stessi, mentre l'incapacità di farlo ci lascia alla loro mercé.

Essere molto sicuri dei propri sentimenti facilita la gestione dei percorsi di vita e di lavoro.
Chi possiede una percezione più sicura e ferma di ciò che prova, riesce a muoversi meglio nelle scelte e nelle decisioni personali.

Dato l’attuale contesto socio-relazione, influenzato anche da un forte senso di precarietà economica, in che modo le competenze emotive possono essere, oggi più di ieri, un supporto indispensabile per le persone ?

La diffusione di interventi formativi di alfabetizzazione emozionale, il diffondersi di esperienze formative centrate sulla crescita emozionale, delle pratiche di coaching, simulazione, outdoor training piuttosto che di counseling ci forniscono il polso della situazione.  In effetti ovunque si colgono espressioni su ciò che fa la differenza oggi: non solo competenze tecniche e conoscenze, ma anche e soprattutto capacità di gestire le relazioni, di saper comunicare le proprie emozioni, di saper entrare in contatto e in sintonia con gli altri, di fare gruppo, di fare squadra.

E' così che si ricerca una risposta alle necessità di crescita, di ricerca del benessere personale e professionale, di miglioramento delle capacità di problem solving, di miglioramento dei rapporti interpersonali, di accrescimento della consapevolezza di sé, di elaborazione e gestione delle emozioni, di ricerca della motivazione, di sviluppo professionale, di sviluppo delle conoscenze, degli atteggiamenti, dell'ascolto, della comunicazione, in breve: di soluzioni per condurre una vita più piena di senso, più soddisfacente e ricca di risorse, sia dal punto di vista personale che professionale.

Il diffondersi di esperienze formative centrate sulla crescita emozionale ci autorizza a compiere uno sforzo - e in qualche modo ce lo impone anche – verso il riconoscimento di una necessità collettiva, quella dell'appropriazione piena della propria competenza emozionale, che non può però essere scissa dal bisogno fondamentale di una sua applicazione consapevole, diffusa quanto cauta, ai processi formativi, con l'obiettivo di dotare di senso l'apprendimento e di rendere la formazione la chiave di volta per lo sviluppo personal-professionale della persona, ove qualità e abilità quali l'autocontrollo, la sicurezza di sé, la comunicazione efficace, l'espressione dei sentimenti, l'arte di ascoltare, di risolvere i conflitti e di cooperare, la capacità di costruire network, l'attitudine a convincere, l'empatia, l'equilibrio e la creatività la fanno da padrone.

Quando si parla di emozione si pensa subito allo stress o alla rabbia, alla paura … gli studiosi ci dicono che esse sono tante e diverse. Come fare una buona formazione alle emozioni?

Possiamo rintracciare cinque ambiti principali dell'intelligenza emotiva. In ciascuno di essi sono contenute capacità specifiche che ci supportano nelle nostre azioni, determinano il modo in cui controlliamo noi stessi (ambito personale) e gestiamo le relazioni con gli altri (ambito sociale).

Il percorso per portare l'intelligenza nella sfera delle emozioni è un percorso fatto di cinque tappe:

Va da sé che ciascuno di noi può avere capacità diverse in ciascuno dei cinque ambiti.

Quale la funzione di una formazione esperienziale, svolta in gruppo, per lo sviluppo delle emozioni?

Rivedere in “aula”, come in una specie di laboratorio, le proprie emozioni agendo attraverso metafore, giochi di ruoli e svariate altre attività, consente di dare forma al proprio sentire comprenderne la forza, l’origine e la destinazione.

Questo è il primo passo per poter orientare l’energia emotiva e viverla positivamente!



In partenza il 29 ottobre un nuovo ciclo di 7 incontri organizzato da Siforma e
rivolto a giovani ed adulti interessati a migliorare il self control, l’empatia, l’ascolto

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